Fashion Show

The (R)evolution of Haute Couture

Haute couture has
always been considered as an essential branch of the social
phenomenon of fashion. A so elite and exclusive branch that it can
not reach normal people, allowing it to never go out of fashion
.
In the collective imagination the haute couture has been
identified as a sort of princely dream made of wonderful dances held
in beautiful castles
. But now, after the latest Fall
Winter 2012/13 fashion shows, haute couture has gone beyond this
old limit and is fully projected into the future
. The clientele
has changed, times have changed, the world has changed. Forget the
dresses from Cinderella or Sleeping Beauty, they are just dusty old
memories to keep in the drawer. Nowadays having an handmade dress,
designed specifically for that person, is the real haute couture
luxury dream, especially if the dress manages to grasp and express
the best spirit of the time
. But be careful: do not confuse the
spirit of time with the ready-to-wear seasonal trends, it’s a totally
different story.

La haute couture
è sempre stata considerata una branca fondamentale del fenomeno
sociale della moda. Un ramo talmente elitario ed esclusivo che non può arrivare al popolo, con capi eterni che non sono soggetti alle veloci regole del mercato di massa.
L’haute couture si è quindi identificata nell’immaginario
collettivo come una sorta di status symbol imprigionato nella gabbia
dorata del sogno principesco, dei balli dell’alta nobiltà
. Ma
adesso
con le ultime sfilate Autunno Inverno 2012/13
è andata ben oltre questo limite, proiettandosi completamente nel
futuro
. La clientela è cambiata, i tempi sono cambiati, il mondo
è cambiato. Scordatevi gli abiti da Cenerentola o Bella
addormentata; quelli sono solo un vecchio e polveroso ricordo da
custodire nel cassetto, adesso il vero lusso haute couture è
possedere il vestito realizzato a mano appositamente disegnato per
una ed una sola persona, ma soprattutto un vestito che riesca a
cogliere ed esprimere in pieno lo spirito del tempo
. Ma
attenzione a non confondersi con le tendenze stagionali del
pret-a-porter, quelle sono tutt’altra storia.

Christian Dior by Raf Simons


The advent of Raf
Simons at Dior has been the first major change that has shaken the
hearts of the “fashion audience”
(meaning those persons
attracted by fashion, but that are not part of the fashion industry).
No matter how interesting it was the stylistic reinterpretation of
the archive of the New Look’s inventor, in the collection there
was an excessive use of black and minimalist lines that upset the
fans of the brand, orphaned by the broken dream of Galliano,
who
has always repudiated minimalism. The restyling of the brand has
begun
and we can immediately feel and see the passage of Simons.
Personally I would not reject the whole collection, because the
silhouettes are very close to the first Christian Dior collections
and sensitivity,
with hourglass silhouettes, soft shoulders and
voluminous skirts. We can only be upset by the strong point of this
collection: Simons has been able to convey the spirit of these
specific times, the need for fixed points, being down to earth,
leaving completely the dreamy approach.
And so, What is the
difference between a ready-to-wear collection and this one? Simple,
the difference is the exclusivity of a handmade dress by one of
the best fashion houses in the world, and here there is no other
ridiculous classification for that
(as demi-couture or
pret-a-couture, used by the journalists to give more prestige to the
ready-to-wear collections). No! We must wake up by the fashion
dream, and we have to understand the new meaning of Haute Couture.

Il primo grande
cambiamento
che ha scosso gli animi del pubblico della moda
(intendendo quel famoso pubblico “da casa” attratto dalla
moda, ma che non fa parte del settore se non in qualifica di cliente,
o potenziale cliente) è stato l’avvento di Raf Simons a Dior.
Per quanto interessante la ricerca stilistica e la rilettura
dell’archivio dell’inventore del New Look, l’uso eccessivo del nero,
la linea minimale, la mancanza di orpelli hanno turbato non poco i
fan della griffe, figli orfani del sogno infranto di Galliano che
ripudiava il concetto di semplicità
. Il lavoro di restyling del
brand è iniziato ed il passaggio della mano di Simons si è fatto
subito sentire. Personalmente non mi sento di bocciare l’intera
collezione, anche perché il disegno e le silhouette sono molto
vicine alla sensibilità degli inizi della maison
, con silhouette
a clessidra, spalle morbide e gonne voluminose. Ciò che forse lascia
l’amaro in bocca, ma che in definitiva è il punto forte di questa
collezione, è l’essere riuscito a trasmettere lo spirito di
questi tempi: quella necessità di punti fermi, dei famosi piedi per
terra, rinnegando l’approccio onirico
. E quale è quindi la
differenza tra questa ed una collezione pret-a-porter
? Semplice,
l’esclusività delle lavorazioni interamente realizzate a mano da
uno dei migliori atelier di moda del mondo
, e qui non c’è
classificazione ridicola che tenga (come demi-couture o
pret-a-couture, usate dalla stampa per nobilitare le collezioni
pret-a-porter). No, dobbiamo svegliarci e capire il nuovo
significato di Haute Couture.


Christian Dior by Raf Simons
Therefore, we can say
that in Haute Couture there are several schools of thought:
the old school,
featured as an aesthetic exercise chasing an anachronistic dream,
with outdated accessories or even bizarre equipment that make the
collection flamboyant. Eric Tibusch and Jantaminiau can be considered
as part of this school.

Possiamo quindi dire
che per la Haute Couture esistono varie scuole di pensiero:

la vecchia scuola,
che si manifesta come un esercizio estetico che sembra rincorrere
un sogno anacronistico, con accessori datati o addirittura apparati
che servono a spettacolarizzare la collezione; tra questi fanno parte
le collezioni di Eric Tibusch e Jantaminiau.

Eric Tibusch
Jantaminiau
The new school,
characterized by the minimalist and contemporary mood, follows the
real needs of the (overly rich) women of our times. Dior by Raf
Simons, Armani, Chanel and the fluid shapes by Stephane Rolland are
definitely part of this school.

la nuova scuola,
quella minimalista e contemporanea che segue le vere esigenze della
donna (esageratamente ricca) dei nostri tempi e di cui fanno parte a
pieno titolo Dior by Raf Simons, Armani, Chanel e le linee fluide di
Stephane Rolland.

Stephane Rolland
Stephane Rolland
Armani Privé
Armani Privé
Chanel
Between these two
schools it seems to recur a clash of giants, as the eternal struggle
between Paul Poiret and Coco Chanel
, almost a century ago. Poiret
used to adorn women with long heavy dresses
inspired by exotic
dreams, overdrawing them with precious fabrics to catch all the
attention, as a kind of mask
. Coco Chanel revolutionized
fashion, with simple and practical clothes that gave back to the
woman her dignity as a person, and not anymore as an object on
display.

Tra queste due
scuole si ripropone a quasi un secolo di distanza, uno scontro tra
giganti, quell’eterna lotta tra Paul Poiret e Coco Chanel. Il primo
ornava le donne con abiti lunghi ispirati a sogni esotici caricandole
di tessuti preziosissimi che catturassero tutta l’attenzione, come
una sorta di maschera; la seconda stava rivoluzionando il modo di
fare moda, con vestiti pratici e semplici che dovevano valorizzare la
donna restituendole la dignità di persona emancipata e non di un oggetto da
mostrare.
Chanel at Deauville – Paul Poiret in his atelier 
Finally, the third
school of thought, a sort of hybrid that enhances the woman with
simple lines, don’t giving up to the dreamy mood, thanks to the
decorations
. I prefer this way, which boasts names like
Giambattista Valli, Valentino, the gold embroidery by Elie Saab, the
finest craftsmanship of Givenchy and finally Georges Hobeika.

Infine la terza
scuola di pensiero
, una sorta di ibrido che valorizza la donna
con linee semplici, ma che non tralascia la dimensione del sogno

e della meraviglia grazie ad uno spiccato senso del
decorativismo,
dolce e mai eccessivo. E’ questa la strada che
preferisco e che vanta nomi come Giambattista Valli, il
grande Elie Saab con i suoi ricami dorati, Givenchy con le più fini
lavorazioni artigianali ed infine Georges Hobeika.

Elie Saab
Elie Saab
Givenchy
Givenchy details
Giambattista Valli
Georges Hobeika
Photo credits: Nowfashion.com, Vogue.it

Italian architect into fashion. Art curator in love with books, flea markets and interior design.

8 Comments on “The (R)evolution of Haute Couture

  1. Ovviamente ottimo post. I contenuti che si trovano sul tuo blog non ci sono altrove! E questo basta a farti capire quanto debba essere apprezzato il tuo lavoro.

    Anche io ho parlato di HC e sinceramente questa stagione non mi ha entusiasmata. Non voglio stroncare Simons sul nascere, vedremo cosa succederà col tempo, però non mi è piaciuto! BANALE. L’HC sta cambiando come cambia anche la moda, ma le passerelle di Couture ormai sono le uniche dove un concetto artistico può venire fuori. E ne ho vista poca di arte (a parte l’arte sartoriale) questa stagione. Ho amato alla follia Givenchy. Il cappotto con dettagli in visone e (cos’erano quelle? Pietre?) pietre rosse era spettacolare.

    1. Ciao Cri! Grazie mille. Ultimamente sono presissimo dagli esami e non riesco a leggere tutti i blog. Stasera mi dedicherò un po’ di tempo per leggere la tua opinione su Dior. Sappi che cmq in parte concordo. E per Givenchy…splendido. Preferisco Tisci quando fa HC che pret-a-porter! 😉

  2. Splendido post, davvero!!! Chiaro e approfondito come sempre.
    L’haute couture è il top delle lavorazioni, dei materiali, dell’esclusività e anche della creatività. Il che non significa che debba essere assurda e teatrale; può esserlo ma quando dietro c’è un concetto, un’anima e quando c’è si sente.
    A ogni modo come dici tu la couture deve anche rispecchiare lo spirito del tempo altrimenti diventa un esercizio di stile anacronistico.
    A me la sfilata di Raf Simons per Dior è piaciuta tantissimo (non a caso le ho dedicato un intero post), proprio perché ha ripreso l’essenza delle silhouette di Dior ma alla Simons, proponendo qualcosa di molto vicino alla sensibilità attuale; insomma un Dior quasi scarnificato, ma con poesia e delicatezza.
    Per il resto – e spero di riuscire a partorire un post sulle altre sfilate – mi sono piaciute tantissimo Valentino, Givenchy e Giambattista Valli; a questo proposito non ho capito le critiche circa le silhouette troppo ardite e in qualche modo “superate”, Giambattista Valli non ha proprio nulla di anacronistico e gratuito.
    Armani interessante e Chanel sempre apprezzabile, anche se secondo me meno delle altre volte.

    http://electromode-electromode.blogspot.it

    1. Ciao Ale! Grazie mille, ho intravisto il post, ma con tutti questi esami di mezzo, non riesco a trovare un attimo di respiro. Stasera passo a leggerti con calma! 😉
      Per quanto riguarda Valentino, Valli e Givenchy, io li ho messi tra i miei preferiti, proprio perché sono un misto tra le due correnti di pensiero, nel senso che sulle silhouette minimali (punto in comune con la 2scuoladipensiero), riescono a ricreare delle atmosfere da sogno con effetto di meraviglia (punto in comune con la 1scuoladipensiero) grazie alle ricche decorazioni e applicazioni, che però non li fanno scadere nell’esibizionismo, anzi, tutt’altro! Le loro silhouette non sono superate, anzi sono proprio espressione del nostro tempo, soprattutto de guardi i tagli degli abiti lunghi, però riescono a strizzare l’occhio alla dimensione onirica del passato grazie alle dorature ecc… Valli mi sembra un grandissimo esempio di Haute Couturier. E’ uno dei miei preferiti, non potrei mai denigrarlo dandogli del retrogrado! 😉
      Direi che Chanel sta passando sempre più in sordina, i suoi cavalli di battaglia sono diventate le pre-collezioni!!!

    2. Ma figurati, sei più che giustificato.
      Anch’io comunque in genere preferisco un misto delle due correnti, proprio come te, e infatti i magnifici tre sono sempre nel mio cuore; tra l’altro concordo pienamente sul fatto che Tisci dà il meglio di sé nell’haute couture.
      Non so se si è capito, ma quando parlavo di critiche a Valli non mi riferivo a te; so che sei un suo estimatore e giustamente. Hai ragione da vendere quando dici che Valli è proprio l’esempio di haute couturier.
      In realtà mi riferivo a degli articoli piuttosto freddini di importanti giornalisti stranieri che hanno trovato da ridire sulle silhouette troppo “baroccheggianti” di questa collezione. Francamente ci sono rimasta male per queste critiche e – anche se certo non ho la professionalità di giornalisti così importanti – mi sono sembrate davvero forzate; forse sono schizzofrenica, ma ammirare Raf Simons non significa automaticamente disprezzare Valli o Galliano, almeno non per me.

  3. L’haute couture è meravigliosa, le mie sfilate preferite, per la quantità di artigianalità che ci viene immessa.
    Chanel non mi piace molto a livello di HC, preferisco di gran lunga le “metiers d’art”, come la Paris-Byzance, che era sublime.
    Valli è bravo (eccezion fatta per l’ultima collezione prima di questa, davvero bruttina), ma i miei preferiti restano Valentino (sempre bello) e Givenchy, dove Tisci si supera ad ogni sfilata. Altro che P-a-P, concordo con te, sulla couture dà il meglio.
    Poi devo dire che trovo la couture “teatrale” ridicola: ricordiamoci che questi abiti devono andare su delle donne, donne vere, spesso arabe (che non mi sembrano sempre alte e magre),in particolare per quelle maison dove l’HC riveste una certa importanza (Chanel, ad esempio).
    Simons mi è piaciuto perchè ha ripreso leforme dell’archivio Dior, lavoro che poi stava facendo anche da Jil Sander: un guardaroba molto classico -anni 50 (che io adoro, con quei vestitoni a corolla)- adattato ai giorni nostri, ripulito. Qua il lusso sta nei tagli impeccabili, nei materiali (colpo d’occhio: l’astrakan blu klein) e solo in parte nei ricami couture (o nei vestiti dipinti da un famoso artista di cui, naturalmente, non ricordo il nome). Bellissima la scenografia!

    Matteo
    gira(stile)mondo

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